ANALISI DEL CARIOTIPO
L’insieme completo di
tutti i cromosomi metafasici di una cellula è definito cariotipo; il
cariotipo è specie-specifico e quello umano normale diploide è
costituito da 46 cromosomi (22 paia di autosomi e un paio di
cromosomi del sesso o eterocromosomi: XX nella femmina, XY nel
maschio).
La ricostruzione del
cariotipo o mappa cromosomica viene effettuata attraverso la
costruzione del cariogramma, ottenuto appaiando i cromosomi
metafasici omologhi e ordinandoli secondo un sistema di
classificazione internazionale.
La localizzazione del
centromero è una caratteristica costante. In base alla posizione del
centromero i cromosomi vengono pertanto così classificati:
- se il centromero ha una posizione centrale, il cromosoma è definito metacentrico;
- se è localizzato non esattamente in posizione mediana, il cromosoma è definito submetacentrico;
- se infine il centromero è localizzato all’estremità del cromosoma, questo è definito acrocentrico;
I cromosomi umani
esaminati in mitosi sono classificati e ordinati in base alla
lunghezza e alla posizione del centromero, in accordo con la
classificazione di Denver, proposta nel 1960 al Congresso di Genetica
Umana tenutosi in Colorado.
I cromosomi sono stati
suddivisi in 7 gruppi, in ordine decrescente di lunghezza.
L’analisi del cariotipo
permette l’identificazione di sindromi legate ad aberrazioni
cromosomiche numeriche e strutturali. Permette di evidenziare
eventuali anomalie cromosomiche, sia numeriche (quali trisomie,
monosomie), che strutturali (traslocazioni, delezioni ed inversioni).
Il DNA si presenta durante l’accrescimento cellulare, come un
ammasso disorganizzato non analizzabile. Al momento della divisione,
esso si condensa in strutture ordinate, i cromosomi, che sono invece
analizzabili. Per la determinazione del cariotipo, le cellule vengono
bloccate in un momento particolare della divisione: la metafase. In
metafase infatti, i cromosomi si presentano come strutture ben
definite, facilmente individuabili e riconoscibili al microscopio.
Dopo aver bloccato le cellule in metafase i cromosomi vengono
colorati con sostanze che si fissano selettivamente a determinate
zone cromosomiche, dando luogo ad un caratteristico aspetto a bande:
- Bandeggio Q, ottenuto mediante l’impiego di un colorante fluorescente, la Quinacrina. Consiste in un’alternanza di regioni intensamente fluorescenti e di regioni buie. Le bande più luminose corrispondono alle zone ricche in Adenina e Timina.
- Bandeggio G, ottenuto col colorante Giemsa e con tripsina. Il bandeggio G è caratterizzato da un’alternanza di bande chiare e scure. Le bande chiare corrispondono a regioni caratterizzate da attività trascrizionale, replicazione precoce, basso contenuto di DNA ripetuto e sensibilità alla DNasi I. Le bande più scure corrispondono alle zone ricche in Adenina e Timina, relativamente povere di geni, e risultano quindi corrispondenti e sovrapponibili alle bande Q. Il potere di risoluzione di questo tipo di colorazione è alquanto grossolano, infatti una banda citogenetica ha una dimensione media di circa 5 Mb (5 milioni di basi) e può contenere centinaia di geni.
- Bandeggio R, ottenuto mediante denaturazione al calore e opportuna colorazione: è l’inverso delle bande Q e G e le bande scure corrispondono a zone ricche in Citosina e Guanina.
La fase successiva
comprende l’osservazione al microscopio: i cromosomi vengono
contati, analizzati e fotografati. Dalle fotografie i cromosomi
vengono poi appaiati a due a due in base alle dimensioni, alla
posizione del centromero e al bandeggio. Si arriva così alla
determinazione del cariotipo.
Con questo esame è
possibile diagnosticare con certezza nel feto la Sindrome di Down o
Trisomia 21 che è l’anomalia cromosomica più diffusa (1 su 700).
L’incidenza di questa sindrome, aumenta con l’aumentare dell’età
materna ed è quindi importante ricorrere alla diagnosi prenatale.
Con l’esame del cariotipo fetale è anche possibile diagnosticare
la presenza di anomalie dei cromosomi sessuali come la Sindrome di
Klinefelter – XXY (1-2 su 1000 neonati maschi) o la Sindrome di
Turner – X0 (0,1 su 1000 neonati femmine) e di altre sindromi più
rare, ma molto gravi, come la Sindrome di Edwards (trisomia 18) o di
Patau (trisomia 13).
L’esame strutturale dei
cromosomi permette inoltre di rilevare la presenza di anomalie di
struttura originate da rotture cromosomiche seguite da
riarrangiamenti. Queste anomalie possono portare o meno alla perdita
di materiale genetico che può originare diversi quadri patologici.
Un esempio è la Sindrome del Cri du chat. Nel 1963 fu
descritto per la prima volta un bambino con una delezione di parte
del braccio corto del cromosoma 5 (5p-) (Fig. 24). Questa sindrome ha
un’incidenza di 1/100.000 nascite. Il fenotipo patologico è
determinato dalla perdita dei geni associati alla porzione di
cromosoma deleta.
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