lunedì 17 giugno 2019

Cosa è l' analisi del cariotipo?


ANALISI DEL CARIOTIPO
L’insieme completo di tutti i cromosomi metafasici di una cellula è definito cariotipo; il cariotipo è specie-specifico e quello umano normale diploide è costituito da 46 cromosomi (22 paia di autosomi e un paio di cromosomi del sesso o eterocromosomi: XX nella femmina, XY nel maschio).
La ricostruzione del cariotipo o mappa cromosomica viene effettuata attraverso la costruzione del cariogramma, ottenuto appaiando i cromosomi metafasici omologhi e ordinandoli secondo un sistema di classificazione internazionale.
La localizzazione del centromero è una caratteristica costante. In base alla posizione del centromero i cromosomi vengono pertanto così classificati:
  • se il centromero ha una posizione centrale, il cromosoma è definito metacentrico;
  • se è localizzato non esattamente in posizione mediana, il cromosoma è definito submetacentrico;
  • se infine il centromero è localizzato all’estremità del cromosoma, questo è definito acrocentrico;
I cromosomi umani esaminati in mitosi sono classificati e ordinati in base alla lunghezza e alla posizione del centromero, in accordo con la classificazione di Denver, proposta nel 1960 al Congresso di Genetica Umana tenutosi in Colorado.
I cromosomi sono stati suddivisi in 7 gruppi, in ordine decrescente di lunghezza.

L’analisi del cariotipo permette l’identificazione di sindromi legate ad aberrazioni cromosomiche numeriche e strutturali. Permette di evidenziare eventuali anomalie cromosomiche, sia numeriche (quali trisomie, monosomie), che strutturali (traslocazioni, delezioni ed inversioni). Il DNA si presenta durante l’accrescimento cellulare, come un ammasso disorganizzato non analizzabile. Al momento della divisione, esso si condensa in strutture ordinate, i cromosomi, che sono invece analizzabili. Per la determinazione del cariotipo, le cellule vengono bloccate in un momento particolare della divisione: la metafase. In metafase infatti, i cromosomi si presentano come strutture ben definite, facilmente individuabili e riconoscibili al microscopio. Dopo aver bloccato le cellule in metafase i cromosomi vengono colorati con sostanze che si fissano selettivamente a determinate zone cromosomiche, dando luogo ad un caratteristico aspetto a bande:

  • Bandeggio Q, ottenuto mediante l’impiego di un colorante fluorescente, la Quinacrina. Consiste in un’alternanza di regioni intensamente fluorescenti e di regioni buie. Le bande più luminose corrispondono alle zone ricche in Adenina e Timina.
  • Bandeggio G, ottenuto col colorante Giemsa e con tripsina. Il bandeggio G è caratterizzato da un’alternanza di bande chiare e scure. Le bande chiare corrispondono a regioni caratterizzate da attività trascrizionale, replicazione precoce, basso contenuto di DNA ripetuto e sensibilità alla DNasi I. Le bande più scure corrispondono alle zone ricche in Adenina e Timina, relativamente povere di geni, e risultano quindi corrispondenti e sovrapponibili alle bande Q. Il potere di risoluzione di questo tipo di colorazione è alquanto grossolano, infatti una banda citogenetica ha una dimensione media di circa 5 Mb (5 milioni di basi) e può contenere centinaia di geni.
  • Bandeggio R, ottenuto mediante denaturazione al calore e opportuna colorazione: è l’inverso delle bande Q e G e le bande scure corrispondono a zone ricche in Citosina e Guanina.

La fase successiva comprende l’osservazione al microscopio: i cromosomi vengono contati, analizzati e fotografati. Dalle fotografie i cromosomi vengono poi appaiati a due a due in base alle dimensioni, alla posizione del centromero e al bandeggio. Si arriva così alla determinazione del cariotipo.
Con questo esame è possibile diagnosticare con certezza nel feto la Sindrome di Down o Trisomia 21 che è l’anomalia cromosomica più diffusa (1 su 700). L’incidenza di questa sindrome, aumenta con l’aumentare dell’età materna ed è quindi importante ricorrere alla diagnosi prenatale. Con l’esame del cariotipo fetale è anche possibile diagnosticare la presenza di anomalie dei cromosomi sessuali come la Sindrome di Klinefelter – XXY (1-2 su 1000 neonati maschi) o la Sindrome di Turner – X0 (0,1 su 1000 neonati femmine) e di altre sindromi più rare, ma molto gravi, come la Sindrome di Edwards (trisomia 18) o di Patau (trisomia 13).















L’esame strutturale dei cromosomi permette inoltre di rilevare la presenza di anomalie di struttura originate da rotture cromosomiche seguite da riarrangiamenti. Queste anomalie possono portare o meno alla perdita di materiale genetico che può originare diversi quadri patologici. Un esempio è la Sindrome del Cri du chat. Nel 1963 fu descritto per la prima volta un bambino con una delezione di parte del braccio corto del cromosoma 5 (5p-) (Fig. 24). Questa sindrome ha un’incidenza di 1/100.000 nascite. Il fenotipo patologico è determinato dalla perdita dei geni associati alla porzione di cromosoma deleta.














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